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A che mi serve studiare? Cosa nasconde questa domanda di tuo figlio adolescente.

A che mi serve studiare? Come motivare tuo figlio adolescente nello studio

“A che mi serve studiare?” è una delle domande che genitori e docenti si sentono fare più spesso da figli e studenti.
Una domanda che, come adulti, ci suscita diversi sentimenti e pensieri. Primo su tutti la preoccupazione.
Quando un adolescente non si impegna nello studio, due sono i comportamenti che i docenti segnalano alle famiglie: “Suo figlio è sempre distratto” e “Suo figlio pensa solo a divertirsi”.  Giudizi che suonano perentori, ma sui quali invece dovemmo riflettere seriamente.
La formazione dell’identità di un adolescente

L’identità non è qualcosa che tuo figlio o il tuo studente adolescente possiede per il semplice fatto di stare al mondo. Al contrario, l’identità si costruisce a partire dal riconoscimento che riceviamo dagli altri. Se il riconoscimento manca – e manca sempre in chi va male a scuola – tuo figlio o il tuo studente cercherà di costruirla altrove, in tutti quei luoghi ad eccezione della scuola in cui potrà raccattare riconoscimenti.

Quando la realtà che il tuo adolescente vive contraddice i suoi desideri di riconoscimento, di accettazione e di felicità, due sono le alternative che vede davanti a sé: rimuovere la realtà e creare un mondo sognante ad essa alternativo (ed ecco la distrazione, che rivela di sogni ad occhi aperti di chi vive una realtà amara e spiacevole); oppure la frustrazione delle note, dei voti bassi, delle umiliazioni che, reiterati nel tempo, annullano l’identità (ed ecco il divertimento, che non è gioia ma il surrogato di una mancata felicità).

Una domanda profonda

Quando tuo figlio o il tuo studente ti domanda “A che mi serve studiare?”, in realtà si sta facendo – e ti sta facendo – una domanda di senso profonda: “Come posso essere utile agli altri, se studio?”

I ragazzi hanno bisogno di sentirsi utili. Di riconoscere che sono a questo mondo perché hanno uno scopo.

Invece troppo spesso noi adulti, fin da quando i nostri figli o i nostri studenti sono bambini, facciamo le cose per loro anziché con loro.
Perché?
Perché ci sembra di scorgere un pericolo alla loro incolumità in ogni cosa. Perché in fondo, in una vita in cui siamo oberati, stressati e sempre di fretta, ci sembra più comodo e rapido se le cose le facciamo noi grandi, anziché farle fare a loro piccoli, con il rischio di metterci più tempo, di doverci rimettere le mani, e di dover rimettere a posto il disordine che noi avremmo sicuramente evitato di fare.
Non ci rendiamo conto, però, che il rischio più grande e reale è che stiamo crescendo una generazione di adolescenti che si sente inutile. Che ha sempre meno l’opportunità di sperimentare quello che Adler chiama il sentimento sociale: quel bisogno insito in ogni essere umano di cooperare e di compartecipare emotivamente al benessere individuale e collettivo.
Cosa puoi fare tu, genitore o docente?

Offri opportunità e apparecchia esperienze nelle quali dai modo a tuo figlio o al tuo studente di essere una risorsa per gli altri.

Fagli cucinare la torta per il suo compleanno. Assegnali fin da bambino responsabilità alla portata della sua età che gli permettono di contribuire al bene comune della famiglia, degli amici, della classe. Permettigli di essere d’aiuto ad un compagno in difficoltà. Crea dei vissuti in cui possa esperire esperienze positive e fagli assaporare il gusto della sincera gratitudine che gli altri possono provare nei suoi confronti.

Ti assicuro che è un’emozione grandissima assistere all’assertività e alla gentilezza di un ragazzo mentre spiega ad un compagno in difficoltà il nuovo argomento di matematica. O alla saggezza di una ragazza che ascolta attivamente un’amica e le dice “Io ti sono vicina e sai che su di me puoi sempre contare, ma parliamone anche con tua madre, perché è pur sempre tua mamma!”. All’empatia di una ragazza che percepisce l’ansia di un compagno e gli propone di andare insieme a fare quattro passi in corridoio per tranquillizzarlo, anziché lasciare che sia il docente di sostegno della classe ad uscire con lui. Due studenti che fanno da docenti durante l’attività di classe capovolta cercare di trovare le parole giuste per farsi capire.

La famiglia, la scuola, i contesti in cui i tuoi figli o i tuoi studenti vivono dovrebbero essere questo: un continuo laboratorio, un teatro nel quale sperimentarsi, nel quale possono rintracciare le loro risorse e le loro potenzialità al fine di scorgere il loro scopo nel mondo.
Questo permetterà loro di dare un senso a tutto quello che fanno, compreso lo studio.