Che cos’è il talento?
Che cos’è il talento?
La risposta che solitamente diamo a questa domanda è che il talento sia qualcosa di innato, un dono che riceviamo dalla nascita. È davvero così?
Oggi ho accompagnato un mio cliente adolescente alla sua prima lezione di disegno. L’idea di un corso per imparare a disegnare è nata dopo un lavoro di ricerca delle sue attitudini e di un contesto in cui poterle realizzare. Spesso i ragazzi non sono consapevoli delle proprie potenzialità poiché sono limitate le possibilità che hanno di sperimentare e di cimentarsi in attività che gli diano dimostrazione di un saper fare, e ancor di più perché, a casa come a scuola, l’attenzione su di loro è centrata su mancanze e lacune da colmare anziché sulle capacità da sviluppare. In un circolo vizioso che spesso li porta a rinunciare, a scegliere di spendere il proprio tempo con lo sguardo fisso davanti ad uno schermo e la mano sempre stretta al cellulare o al joystick anziché dedicarsi ad attività da cui trapela amore per la vita.
L’insegnate ci fa accomodare nel suo laboratorio, pieno di tele che incutono allo stesso tempo riverenza e inquietudine. Ci racconta di aver iniziato a disegnare all’età di 14 anni quando, nonostante gli insegnanti di terza media gli avessero sconsigliato di prendere il liceo artistico perché non sapeva disegnare, lui sceglie di inseguire il suo sogno e di darsi da fare, contro ogni previsione, per raggiungerlo.
Ci racconta di come l’esperienza personale di artista e di insegnante gli abbia dato conferma che disegnare (come ogni altra cosa nella vita) si impara. Ci vuole intenzione, dedizione, esercizio costante, ma è un’impresa possibile.
I recenti studi nel campo della neurobiologia lo confermano: a determinare il talento non sono i geni bensì le nostre azioni, in una combinazione tra pratica intensiva e motivazione che produce uno sviluppo del nostro cervello. Soprattutto fino all’età adolescenziale, il cervello è dotato di una plasticità in grado di farci acquisire nuove abilità e competenze e di compensare le carenze.
La lezione non è stata solo di disegno, ma anche di vita.
«Fammi un disegno di quello che vuoi, di quello che ti capita di disegnare».
«Mi piace disegnare i supereroi ma sono in grado di farli solo se li ricopio da un’immagine che vedo».
«Sono sicuro che nella tua memoria un’immagine c’è… e comunque vai liberamente, fa quello che ti viene, non devi dimostrare niente».
Alla prima linea che non lo ha convinto, il ragazzo era pronto ad impugnare la gomma e cancellare dalla sua vista (e forse anche dagli occhi di noi due che lo osservavamo) quell’errore.
«Non cancellare. Continua a disegnare sopra a quello che hai fatto. Sei tentato di cancellarla perché la linea che hai tracciato non è come quella che avevi immaginato. Ma sbagli se credi che sia un errore. Lasciarla li servirà a ricordarti che non era quello che avevi in mente e ti permetterà di riprovarci ricco di questa esperienza».
Prosegue spiegandogli la prospettiva e facendogliela sperimentare con il disegno di un cubo e poi si mettono a lavorare a quattro mani ad un occhio che il ragazzo ha disegnato dopo essere stato invitato a rappresentare qualcosa a suo piacere. L’occhio gli da la possibilità di allenare il tratto per fare l’iride, e così il ragazzo prima osserva il maestro, ne coglie i movimenti, si prepara mentalmente ad eseguirli poi impugna la matita e inizia. Ad ogni riga che avanza, il tratto è più simile a quello di chi lo ha preceduto.
«Adesso – gli dice il maestro – finisci tu l’iride che ho iniziato io».
E in un attimo assisto alla magia della creatività e della curiosità che imboccano la strada per diventare talento.
E non importa se in futuro questa esperienza non diventerà per lui un lavoro. Quello che importa è che oggi impari a credere in se stesso e comprenda che nella vita l’impegno ripaga sempre.